Roma, 22 ottobre 1978
Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici,i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!
Karol Wojtyła, nella sua prima omelia da Papa pronuncia queste parole. Lui, il prete polacco che ha subito gli orrori dell’occupazione nazista prima, di quella comunista poi, ha deciso di imbracciare il piccone e affrontare il Muro.
Danzica, 1979
A un anno dall’appello del Papa, in Polonia è nato un sindacato indipendente, il primo dell’Est, ad opera di operai guidati dall’elettricista Lech Wałęsa. Il nome di questo movimento è “Solidarietà”. Gli individui vogliono essere riconosciuti, non ci stanno più ad essere meri ingranaggi della macchina sociale.
Mosca, 11 maggio 1985
Mikhail Gorbaciov diventa il nuovo leader dell’ URSS. Con la sua politica apre tre piste: la perestroika, che consiste nel riformare a fondo le strutture del Paese, soprattutto sul piano economico; la glasnost, che mira a una maggiore trasparenza sui giornali, nelle statistiche, nei libri e nella cultura; il “nuovo pensiero” che propone di guardare al futuro del mondo non più come a uno scontro mortale tra Est e Ovest.
A metà degli anni ’80 le relazioni tra Occidente e Unione Sovietica sono dunque migliorate e anche la televisione occidentale e le sue celebrità sono ormai molto note anche a oriente.
Ecco perchè sto puntando dritto verso Budapest. L’evento è di quelli imperdibili: al Nèpstadion (oggi stadio Ferenc Puskàs) stanno arrivando Freddie Mercury e i suoi Queen. La band è sulla cresta dell’onda col suo Magic Tour, che sta registrando una serie di sold out negli stadi di tutta Europa, ma quello di stasera non è un semplice concerto. Per la prima volta dal 1965 (in cui fu la volta di Louis Armstrong) delle star occidentali si esibiscono oltre la cortina di ferro.
È trascorso un ventennio da quegli anni ’60 in cui il mondo è stato sull’orlo di un terzo conflitto mondiale. Oggi, 27 luglio 1986, qualcosa sembra essere cambiato ed in molti sperano che presto possa davvero succedere ciò che non si osava sperare più: la riappacificazione, il ricongiungimento.
Sembra impossibile, eppure la Regina coi baffi, il leader dichiaratamente omosessuale di una rock band inglese, sta tenendo in pugno una folla di 80.000 giovani ungheresi cantando frasi come questa:
Ho fatto un sogno / quando ero giovane / un sogno di dolce illusione / un barlume di speranza e unità / e la visione di una dolce unione (….)
C’è solo una direzione / un mondo, una nazione.
Ma il simbolo del disgelo non può che essere la Germania e il rock è chiamato anche qui a fare la sua parte: in pochi mesi sono arrivati a Berlino Est Joe Cocker e Bob Dylan, mentre ad Ovest David Bowie e Michael Jackson hanno tenuto i loro concerti con una parte degli impianti audio rivolti verso l’altro lato del Muro.
È come se il mondo si fosse messo a correre più veloce, neppure con la Macchina del Tempo riesco a capire dove e quando andare.
19 luglio 1988, è la volta del boss. Quattro ore di performance, poi Bruce parla: “E’ bello essere a Berlino Est. Io non sono né a favore, né contro qualsiasi governo, sono venuto qui per suonare per voi del rock’n’roll, nella speranza che, un giorno, tutte le barriere vengano abbattute”.
La radio di stato della DDR censura, ma attorno a Springsteen siamo in 200.000.
1989
Ormai molti tedeschi dell’est stanno riuscendo ad arrivare dall’altra parte attraverso le ambasciate occidentali delle capitali amiche come Budapest e Praga. La politica tollerante di Gorbaciov e l’incerto momento di transizione nella DDR fanno il resto.
Sono in un bar non lontano dal Checkpoint Charlie a bere una birra insieme ad alcuni amici. Alla TV stanno passando notizie confuse sulla nuova legislazione riguardante i visti d’ingresso nella Repubblica Federale d’Ovest da parte dei berlinesi dell’Est. È caos. In pochissimo tempo migliaia di persone entrano nella zona franco-anglo-americana sotto gli occhi della “polizia popolare” della DDR. È il 9 novembre e il Muro sta cadendo. Dopo quasi trent’anni di separazione, i berlinesi sono riuniti.
Siedo in macchina e imposto il display della data. Voglio chiudere quest’esperienza tedesca assistendo ad un ultimo concerto.
Il 21 giugno 1990 assisto insieme a 400.000 persone al concerto di Roger Waters “The Wall” proprio là dove, poco più di sei mesi fa, si ergeva la barriera. Tra gli ospiti della serata figura anche un guppo tedesco, gli Scorpions. Hanno appena scritto un pezzo, che stanno per pubblicare.
La band ancora non lo sa, ma quella canzone diventerà il singolo più venduto di sempre in Germania. Si intitola Winds of Change.