“Arthur Rimbaud è stato l’essere più straordinario che abbia mai solcato la terra.” Jean Cocteau
Che cosa sarebbe il mondo senza la poesia? E cosa sarebbe la poesia se non fosse venuto al mondo Arthur Rimbaud?
Considerato l’incarnazione del poeta maledetto, egli nacque proprio il 20 ottobre del 1854 a Charleville-Mézières, in Francia. Il padre abbandonò presto la sua famiglia e il poeta crebbe con la sola madre, la quale era particolarmente rigida e severa nell’impartire regole ed educazione. Per sfuggire, dunque, alle ristrettezze degli schemi che gli vennero imposti nella sua formazione, scappò varie volte di casa, intraprendendo un vero e proprio vagabondaggio solitario per il mondo, totalmente corrispondente alla sua inclinazione visionaria. Una delle sue fughe più importanti fu a Parigi. Durante il suo peregrinare, si abbandonò a esperienze di ogni tipo, tra alcol, droga e carcere. Nella capitale francese, si esaltò per la Comune e cominciò a leggere e studiare i poeti ritenuti “immorali”, i “maledetti”, come Baudelaire e Verlaine, i quali, appunto, rigettavano i valori precostituiti e conducevano uno stile di vita ritentuto provocatorio, pericoloso, asociale e autodistruttivo. Con Verlaine, come tutti possono ricordare, Rimbaud ebbe una storia d’amore (che destò scandalo) tanto intensa quanto conflittuale; basti pensare che nell’estate del 1873, durante un soggiorno in Belgio, il primo, in uno stato di frenesia, addirittura sparò all’amante, ferendolo ad un polso, e venne, di conseguenza, incarcerato.
Ispirato dalle correnti occultiste, Rimbaud concepì se stesso come una sorta di profeta, di santo della poesia. Nelle “Lettere del veggente”, non a caso, maturò la concezione dell’artista che deve approdare alla totale “confusione dei sensi”, per intuire e vedere ciò che gli altri non possono neppure immaginare, scavando nella psiche. La sua opera, specchio della sua vita, nel complesso, si configura quasi come un manifesto di liberazione contro ogni tradizione, ogni convenzione, incluse quelle poetiche e linguistiche, e ogni istuizione, inclusa la letteratura. Ed è stupendo che tutto ciò, in lui, passi attraverso proprio quella che è la massima espressione del sentire umano: la Poesia. La Poesia come libertà. Per comprendere la poetica di Rimbaud è necessario, pertanto, calarsi nella sua esigenza di scardinamento della società e della cultura del suo presente. La sua espressione, maturata nell’arco di tempo che va dai quottoridici fino ai suoi vent’anni, non a caso, rivoluzionò l’idea stessa della lingua e della poesia.
Nel 1895, dopo la morte di Rimbaud, Verlaine firmò la prefazione di una raccolta, “Poesie complete di Arthur Rimbaud”, e disponendole in ordine cronologico, mostrò come il percorso dell’animo del suo amante fosse tortuoso e tormentato fin dalla precoce età. Il poeta stesso fece un bilancio del suo delirio poetico ed esistenziale in “Una stagione all’inferno” del 1873, l’unico libro di cui seguì la pubblicazione, dato che il resto venne tutto pubblicato postumo. Esso, come il poema “La barca ubriaca” di due anni prima, è un viaggio verso l’ignoto e con il suo “Addio” conclusivo, anche qui si finisce per ammettere la sconfitta, ovvero che la poetica della veggenza non conduce a nulla e bisogna accettare la propria condizione.
La sua opera più famosa, forse, però sono le “Illuminazioni”, una raccolta di poemi in prosa, pubblicate sempre grazie a Verlaine, nel 1886. Il titolo originale (Illuminations), che lascia intendere il significato di visioni del veggente, probabilmente è inglese, considerato il sottotitolo Miniature colorate, letteralmente “coloured plates”, incisioni colorate, nel senso di illustrazioni a colori in quanto ispirazioni provenienti dalla memoria e dai sensi.
Genio assoluto della poesia, animo inquieto e rivoluzionario, Rimbaund è stato un lampo artistico che ha attraversato tutte le correnti letterarie e culturali della fine dell’Ottocento ed è stato fonte di ispirazione per quelle successive. La sua impronta è rilevabile finanche nella cosiddetta Beat generetion degli anni Cinquanta negli Stati Uniti, a ulteriore riprova della sua portata enormemente pervasiva.
“Voglio essere poeta, e lavoro a rendermi Veggente:
lei non ci capirà niente, e io quasi non saprei spiegarle.
Si tratta di arrivare all’ignoto mediante
la sregolatezza di tutti i sensi.
Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti,
essere nati poeti, e io mi sono riconosciuto poeta.
Non è affatto colpa mia. È falso dire: Io penso,
si dovrebbe dire: mi si pensa.
Scusi il gioco di parole.
IO è un altro.”