Il primo settembre del 1994 veniva presentato, per la prima volta in assoluto, alla Mostra del Cinema di Venezia, uno dei principali capolavori del “comico dei sentimenti”. È così, infatti, che la critica internazionale ha definito Massimo Troisi, il quale, appunto, in questa come nelle altre sue pellicole, è andato a fondo nella profondità dell’animo umano, ma garantendo sempre il respiro di quella sagace ironia e di quella fine leggerezza che lo hanno contraddistinto. Sono proprio queste, del resto, le caratteristiche con le quali si è fatto pure interprete del sentire, del modo di essere totalmente sui generis di un popolo, il suo popolo. Attore e regista, il maestro napoletano è stato un vero genio, un Artista con la A maiuscola, la cui raffinatezza e malinconica dolcezza mancano oltremodo in questi tempi dove, troppo spesso, la volgarità si sovrappone alla comicità. Sì può affermare, senza dire eresie, che a lui spetti di diritto un posto al tavolo dei grandi, di Totò e di Eduardo, dai quali tanto si è lasciato permeare.
Il Postino è il suo “film-testamento”, sia perché, come è noto, è stato, purtroppo, proprio poco dopo la fine delle riprese che Troisi è venuto a mancare, per via dei suoi problemi cardiaci, sia perché esso è una perla regalata al mondo della cinematografia e rappresenta la summa della sua espressione. Tratto dal romanzo “Il postino di Neruda” di Antonio Skàrmeta e diretto con la collaborazione di un regista di elevato spessore, quale Micheal Redford, esso ha visto riconoscersi molteplici premi di primo profilo, sia in Italia che all’estero. Ben cinque sono state le candidature all’Oscar, di cui una, quella per la miglior colonna sonora, vinta. Ma il successo è stato decretato principalmente dal pubblico, se consideriamo che la pellicola ha raggiunto record di incassi e, a tutt’oggi, risulta essere tra i 10 film in lingua straniera più apprezzati negli Stati Uniti. Il “The New York Times” l’ha persino inserito nella lista dei mille film più belli di sempre. Girato tra i suggestivi panorami di Procida e Pantelleria, questo gioiellino ha potuto godere, oltre che dell’attore napoletano nel ruolo di Mario Ruoppolo, anche dell’interpretazione attoriale dell’immenso Philippe Noiret, nei panni di Pablo Neruda, nonché di una stupenda Maria Grazia Cuccinotta, lanciata nel mondo del cinema, interpretando Beatrice, non a caso, nome di dantiana memoria, l’amante del protagonista.
Il Postino è un’altra dimensione, è un sogno, una favola moderna o, meglio, una Poesia, proprio quella massima esaltazione dell’espressione umana, sulla quale, attraverso questo capolavoro, il Maestro ha voluto offrire un’indagine, una riflessione. La poesia, le metafore, la bellezza delle parole dovrebbero trovare spazio nelle vite di ognuno di noi, senza distinzioni di sorta, e sono importanti non solo per esaltare l’amore, ma pure per veicolare coscienza critica, sociale e politica.
La storia accosta due animi nobili ma di diversa estrazione; Mario è un semplice isolano, figlio di pescatori ma che, tra gli abitanti del luogo, è l’unico a saper leggere e scrivere e, pur di non adattarsi al mestiere paterno, accetta di lavorare come postino per il solo destinatario di lettere, il poeta Pablo Neruda, il quale è giunto ad abitare su un’isola del Sud Italia, a seguito dell’esilio dal Cile per motivi politici. Quest’ultimo, al contrario del protagonista, è un uomo acculturato e affermato, “amato dalle donne”, come dice Mario, e “amato dal popolo” per il suo impegno comunista, come dice il capo telegrafista Giorgio Serafini. Tra i due nasce un’amicizia e un’affinità di sensi, tanto che Neruda aiuterà Mario nel corteggiamento di Beatrice e gli insegnerà il valore della poesia, facendogli capire, ad esempio, cosa sia una metafora. Dopo il matrimonio del postino con la sua amata, il poeta riparte per il Cile e quando farà ritorno sull’isola, scoprirà che il suo amico è morto e che gli ha lasciato un riconoscimento enorme.
L’indimenticabile immagine conclusiva di Pablito, il figlio dei due protagonisti – nome, scelto per omaggiare Neruda – rivela non solo tutto ciò che il poeta cileno, con il suo enorme bagaglio culturale, ha rappresentato per il giovane postino di una sperduta isola italiana, ma anche il senso di un insegnamento che nella sua portata è capace di tramandarsi.