Siamo abituati a pensare ad Hello Kitty come a un tenero gattino, peloso, con deliziosi occhi scuri.
H K è un simbolo indiscusso giapponese, prodotto dalla Sanrio ed esportato in tutto il mondo. In Giappone è venerato come una figura sacra nazional popolare al pari forse del nostro pulcinella a Napoli. H K non è “cosa” da bambini, come forse noi occidentali pensiamo, ma un simbolo nipponico fruibile da tutti.
Come tutti i miti che si rispettino anche la nostra gattina ha storie e leggende che tramanda con sé, in questo mini viaggio vi racconto il lato oscuro della gattina.
Innanzitutto io l’ho definita gattina, ma attenzione, siamo sicuri che sia un gatto? Pare che la Sanrio si sia più volte espressa specificando che non è un gatto, infatti cammina a due gambe, ma non è nemmeno una ragazza, è una creatura che incorpora nel suo essere tutto e niente.
H K non ha la bocca, ed anche qui pare ci sia una spiegazione. La leggenda racconta che una bambina di nome Kitty sia stata la figlia di un imprenditore inglese ricchissimo. La bambina era affetta da un tumore alla gola impossibile da guarire. Un giorno davanti al padre si palesò il diavolo che gli propose un patto: lui avrebbe fatto guarire la bambina, facendola però restare muta ed in cambio l’imprenditore avrebbe dovuto cedere la sua anima all’inferno. Il padre accettò e sempre per intercessione di satana, decise di produrre un peluche a sembianze di gatto, animale che la figlia amava, e gli diede il nome Kitty. In onore della figlia muta al gattino non fu disegnata la bocca.
C’è anche la versione cinese della storia, con una madre che fece il patto con il diavolo per salvare la figlia malata e satana che le chiese in cambio di creare una bambola satanica (pare che Kitty significhi demonio in cinese, ma non ne sono sicuro) e chiunque l’avesse acquistata avrebbe automaticamente siglato un patto di adesione al male eterno. I satanisti pare che la chiamino: figlia del demonio!
La Sanrio ha dato questa versione ufficiale circa la nascita della sua creatura molto più plausibile delle precedenti: il nome di origine era Kitty White e deriva dal racconto di Lewis Carroll “attraverso lo specchio quel che Alice trovò”, che fu accorciato in H K perché ricordava il maneki nego il “gatto che saluta”. Ed aggiunsero che “non ha la bocca per non far trasparire il suo vero stato d’animo, Kitty è felice se ha intorno a se gente felice e triste in caso contrario. H K ha la bocca, solo che non le è stata disegnata!”
Nel 1999 ci fu il cosiddetto caso dell’omicidio di Hello Kitty.
Ad Hong Kong in un appartamento del quartiere popolare di Tsim Sha Tshui una ragazza di nome Fan Man-yee fu violentata, torturata ed uccisa brutalmente dai suoi carcerieri che poi decisero di decapitarla e di infilare la testa in un pupazzo di H K. Era la prima volta che questo simbolo di allegria e gioia veniva infangato da un omicidio. Il motivo per cui la testa era stata messa nel pupazzo non è dato saperlo. A confermare tutta la vicenda fu Melody (nome di fantasia), una ragazzina all’epoca minorenne che partecipò alle gratuite violenze infierite alla donna. Aggiunse che l’omicidio della donna fu commesso per gioco.
Che ci crediate o no, la gattina fattura miliardi di yen ogni anno, il mondo di H K, spazia da i soliti innocui gadgets, fino ad arrivare ai contraccettivi, assorbenti, bare, lenti a contatto, pistole, seghe elettriche, vibratori di varie misure, denti da incapsulare, la vodka ed il tubo di scarico per auto. Per la serie ”quello che non vedete, chiedetelo”.
Hello!