Con la precisione e la puntualità di una grottesca scatola armonica, La Trilogia dell’Indignazione, ultimo lavoro diretto dal regista Giovanni Meola, proposto in cartellone dal 25 al 29 Aprile nel suggestivo spazio del Teatro Piccolo Bellini, recupera per la scena italiana la “contro-drammaturgia” dell’autore catalano Esteve Soler, convinto assertore di un teatro che dovrebbe avvicinarsi quanto più possibile alla quotidiana e contemporanea grammatica dei rapporti umani, svelando la frustrante svalutazione di parole e concetti svuotati dall’abuso ipocrita e retorico della cultura mainstream.
I personaggi di Soler, nell’ideazione di Meola, sono ridotti a marionette dalla temperatura futurista, dai movimenti meccanici, talora rigidi, stretti in relazioni robotiche, automatiche, come Pinocchi cubisti, intrappolati in un universo degradato, senza scampo, privo d’anima.
Così, in maniera ironica e tragicomica, gli ottimi interpreti della trilogia, Roberta Astuti, Sara Missaglia, Vincenzo Coppola e Chiara Vitiello, spingono il pubblico a riflettere su ideologie e idee quali Progresso, Amore e Democrazia che, date per scontato nella nostra società, sembrano invece essere neutralizzate e “stuprate” dalla Storia che stiamo attraversando, una Storia verso la quale – pare ammonire Soler – gli individui, narcisisti e acritici, egoisti e abulici, hanno maturato un atteggiamento passivo e indifferente.
Dalla degenerazione del progresso che conduce allo sfruttamento della produttività e al delirio d’onnipotenza del capitalismo alla paradossale invenzione di pillole dell’amore che rendono le persone dipendenti dalle emozioni ma non libere di esprimerle in autonomia, dai contratti di matrimonio e dai contratti di genitorialità a tempo determinato alla selezione dei cittadini “esemplari”, senza alcuna voglia di pensare, fino al ragionamento cinico e apparentemente razionale di due genitori che decidono di uccidere la figlia diciottenne in quanto non redditizia, in virtù di un sinistro necessario intervento di riduzione del personale, la surreale carrellata di Meola/Soler restituisce al pubblico il sapore amaro di una realtà distopica e allucinata che, appena una spanna più in là di quanto riportato dalla cronaca, ha smarrito ormai qualsiasi traccia d’umanità