Isabella Mellone nacque a Perdifumo nei pressi di Salerno, l’8 Novembre del 1724 e sin dall’adolescenza era attratta dalla vita spirituale e scriveva sui suoi diari di visioni e rivelazioni, raccolti poi dal suo direttore spirituale, il frate teresiano Apollinare di San Tommaso che ne curò una Relazione istorica a difesa della santità della sua protetta. A 15 anni rivelò i contenuti di alcune visioni ai fedeli della sua parrocchia. Giuseppe Abate, l’arciprete del luogo, scoperta la storia, si infuriò e non tardò a chiamarla pazza. Nella speranza di una sua riabilitazione, fu mandata prima dai frati cappuccini e poi a Napoli, nel conservatorio di San Gennaro fuori le mura, ma anche qui si distinse per uno spirito ribelle e ingestibile per le regole della Chiesa. A 25 anni fu buttata fuori anche dal convento. Non sapendo dove andare circuì la Duchessa di Sant’Elia, nobildonna influente, convincendola che aveva visioni ed era una mistica. Grazie all’aiuto della duchessa fu introdotta nell’alta società napoletana, affascinata dai “miracoli” e dalle “visioni mistiche” della giovane Isabella che, per dimostrare la sua “santità”, diceva che lei non aveva bisogno di mangiare, ma si cibava solo di preghiere, per vivere, e infatti il cibo non appariva mai nella sua casa. Arrivò perfino a occultare le sue stesse feci, pur di far credere che non ne produceva perché in totale digiuno. Sosteneva di possedere una natura semidivina; nella sua casa radunava una congrega di discepoli “ I Sabelliani”, pronti a credere ad ogni sua parola e ad usare filtri d’amore, polveri miracolose, acque magiche e taumaturgiche.
La chiamavano in segno di rispetto Madre Isabella poiché solo a lei erano state concesse queste segni profetici.
Fra i più saldi oppositori di Isabella vi fu il canonico Giulio Torno che chiamato ad effettuare un esame sulle inclinazioni celestiali della profetessa dichiarò che la donna era vittima di possessione demoniaca e doveva essere allontanata dalla vita sociale e affidata alla cura di confessori per salvare la sua anima.
A questi duri attacchi Isabella reagì consolando i fedeli afflitti dalla povertà e dalle disgrazie della vita, distribuendo l’immagine dell’Immacolata Concezione e rosari di vetro turchino. I suoi seguaci dicevano di lei che il suo corpo produceva una manna odorosa capace di guarire le malattie della pelle e che dalle sue ferite sgorgava una grande quantità di sangue, non comune ad altri esseri viventi.
Con le sue pubbliche apparizioni, Isabella divenne sempre più popolare attirando su di se l’attenzione sia del potere borbonico che del potere ecclesiastico.
Nel 1769 furono presentate molte denunce a suo carico. Isabella fu rinchiusa per tre anni nelle carceri della Vicaria accusata di «esser strega, maliarda e fattucchiera» senza che nessuno dei legali dell’accusa riuscisse a trovare prove schiaccianti dei suoi reati.
Durante la sua reclusione intrattenne scambi epistolari con i suoi sostenitori e principalmente col confessore Apollinare di San Tommaso che divulgava al popolo le profezie.
Quando fu scarcerata, i “Sabelliani” promossero una propaganda sulla santità della loro protetta. Si racconta che durante la festività di San Gennaro, i discepoli affissero un cartello sui cancelli della Cappella del Tesoro, nel quale si leggeva: «Antonino (Sersale) io Gennaro ti comando che lasci di perseguitare Isabella mia sorella, se non vuoi provare i castighi di Dio»
Anche il re Ferdinando IV informato degli ulteriori fatti, ordinò la cattura di Isabella che fu reclusa nel Conservatorio di Rocca dell’Aspide nei pressi di Salerno, in seguito fu processata e rinchiusa in una cella della Casa degli Incurabili, sottoposta a continue pressioni da parte del clero, accusata del reato di simulazione di santità e per screditarla ulteriormente, furono inviate due ostetriche che la visitarono accuratamente fornendo ulteriore prova che l’origine della sua pazzia fosse il fatto che non era vergine.
Da qui la sentenza: isolamento a vita.
Da quel giorno Isabella Mellone passò i suoi giorni senza mangiare, chiusa in una stanza buia dell’Ospedale degli Incurabili, dove morì, ponendo fine ad una delle più strane isterie popolari che, grazie ai passaparola, incuriosì tutta Italia.