“ Mi dispiace per la sconfitta e soprattutto per avere lasciato i miei compagni. Però sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano: uomo”.
Sono queste le parole, rapidamente divenute virali, di Kalidou Koulibaly, postate sui social poco dopo il termine della partita con l’Inter. È stata una notte tremenda e vergognosa quella del San Siro dello scorso 26 dicembre; una notte orribile, fuori e dentro allo stadio. Sugli spalti, come tutti sappiamo, orde di cerebrolesi, anzi di decerebrati, hanno continuamente intonato – oltre ai soliti “lavali col fuoco” contro i napoletani – cori razzisti contro Koulibaly; nelle vie adiacenti alla struttura sportiva, invece, si è avuta, prima del calcio di inizio, una vera e propria guerriglia, somma di inciviltà, barbarie e disumanità, durante la quale è morto persino un uomo. Si tratta di Daniele Belardinelli, tifoso del Varese e simpatizzante dell’Inter, nonché capo degli ultras di estrema destra Blood Honour, già noto alle forze dell’ordine, con un Daspo alle spalle. L’uomo, quella sera, era alla guida di una violenta brigata di circa 60-70 tifosi del Varese, del Nizza, dell’Inter e del Hellas Verona, accomunati, oltre dall’essere estremisti, a quanto pare, pure dall’odio verso il Napoli.
Il Questore di Milano ha definito gli scontri un vero e proprio “assalto organizzato” da Belardinelli contro i pullman provenienti da Napoli.
Si può dire, senza dubbio, che abbiamo assistito ad un’altra pagina scandalosa della storia del nostro calcio, che si riflette, inevitabilmente, sulla nostra società tutta. La cosa ancor più assurda è che, per la prima volta, si era deciso di giocare la Serie A il giorno dopo Natale, e un momento sportivo che avrebbe dovuto essere di festa si è trasformato in puro orrore.
Urge che si prendano delle decisioni drastiche e dure e che in nessun modo si minimizzi come pare, leggendo le varie dichiarazioni, stia facendo, stranamente, il Ministro degli Interni. Non è più accettabile che si verifichino episodi di questo genere e i due turni senza il pubblico, una terza partita senza la curva nord e il divieto di trasferta – che, dopo la pronuncia della questura di Milano potrebbe prorogarsi fino al 31 marzo 2019 – per i nerazzurri, parliamoci chiaro, sono poca roba. Ci sarebbe da sospendere, fino a data da destinarsi e in barba agli interessi commerciali, proprio l’intero campionato; così come la stessa partita, del resto, andava sospesa immediatamente. Il mister Carlo Ancellotti, in tal senso, per ben tre volte ha sollecitato la Procura Federale ma sono giunti solo annunci e l’arbitro Mazzoleni, inspiegabilmente, non ha preso questa decisione, come lo stesso regolamento stabilisce.
La Società Interazionale Football Club e pure il Comune di Milano, nella persona del sindaco Sala, hanno preso subito le distanze da quanto successo, condannando fermamente i violenti. Ma ancor più bello e degno di nota è stato il gesto dei tanti presenti al San Paolo, ieri sera, i quali hanno posto sul viso l’immagine raffigurante il volto del calciatore vittima degli insulti, per lanciare un chiaro messaggio di solidarietà e antirazzista.
In conclusione, da questa triste storia, emerge che da un lato vi è un uomo, Koulibaly, che con le sue parole ha lanciato un grande esempio e un grande insegnamento; dall’altro lato, invece, vi sono una serie di individui, subumani, che in alcun modo possono essere definiti uomini.
Non è mancato, a dire il vero, anche chi ha accusato il giocatore in questione di superficialità, per via del suo applauso sarcastico all’arbitro, costatogli l’espulsione, ma si sfida chiunque, soprattutto a quell’età, a mantenere i nervi saldi in quella situazione. D’altronde, come si diceva, Koulibaly è uomo, con tutto ciò che ne consegue, inclusa l’emotività.