Secondo molti studiosi, le tracce del leggendario Graal portano a Napoli e precisamente al Maschio Angioino, nella sala dei baroni. Una immensa sala che è stata testimone di un fatto di cronaca grave e triste per il periodo aragonese: l’imprigionamento di tutti i baroni.
Si sa che il trono era posto fra la finestra e l’accesso alla sala, per dare modo al sovrano di guardare verso est, dove sorge il sole. Posizionato di fronte al trono vi era un grosso camino e la loggia dei musicisti, le pareti poi erano interamente ricoperte da preziosi arazzi.
Protagonista di questa storia è il re Alfonso V di Aragona, conquistatore di Napoli nel 1442, che si dice avrebbe deciso di dedicare al Graal il Castelnuovo. Secondo lo studioso di simbologia ed esoterismo Salvatore Forte nel castello ci sarebbero diversi elementi che richiamerebbero il legame al mitico calice con il sovrano spagnolo
“Re Alfonso era un uomo di grande cultura e anche un gran conoscitore della leggenda del Graal dove si narrava che Galahad, figlio di Lancillotto, fosse l’unico cavaliere così puro da poter occupare, senza esserne ucciso, il “seggio periglioso”, il tredicesimo trono della Tavola Rotonda di re Artù, era destinato al solo uomo degno di ritrovare la sacra coppa. Cosa che, sempre secondo la leggenda, riuscì a fare.
Secondo gli studi eseguiti dal –Forte –Re Alfonso si sentiva un novello Galahad: volle quindi ricreare nella fortezza partenopea una simbolica analogia fra il cavaliere e se stesso, celebrando il diritto di governare il Regno di Napoli, quindi come Galahad aveva acquistato il diritto di sedersi sulla tredicesima sedia alla corte di re Artù”. Il sovrano fece realizzare il suo trono con al centro una fiamma e una coppa che doveva raffigurare il sacro Graal, poi, non contento lo fece apporre sulle volte, sui pavimenti e nell’arco trionfale all’ingresso del Maschio Angioino.
Infine, si fece fare un’armatura decorata con tale simbolo-talismano. Ma come già scritto tutto questo non sappiamo se corrispondesse al vero o fosse frutto della sua immaginazione tanto forte era il suo legame con questa storia che lo avrebbe spinto a crederci realmente.
Al solstizio d’Estate il sole entra dal finestrone più grande, dal lato del cortile a ovest, nella sala dei Baroni di Castel Nuovo. E’ il 21 di giugno del 2016, ore 17:30, quando l’Associazione I.V.I. (Itinerari Video Interattivi) con Salvatore Forte, Francesco Afro de Falco e Annalisa Direttore fa notare che il raggio solare compie sulla parete opposta un arco di cerchio, e man mano la luce si trasforma in un quadrato e poi in quella che sembra essere la sagoma di un “libro aperto”, forse il libro della conoscenza, un’immagine più volte riproposta nel castello e in alcune opere, quadri e monete del passato, come nel dipinto in cui è raffigurato proprio Alfonso V D’Aragona.
Da qui iniziano gli studi, fino a scoprire altri simboli, voluti dal re aragonese e che a lungo erano rimasti invisibili. Come la sagoma del Graal sul portale accanto alla scalinata grande.
La Sala dei Baroni, oggi viene utilizzata per le sedute del consiglio comunale ed è completamente svuotata dei suoi arredi originari