Leoni da tastiera li chiamano, in realtà, di leonino non hanno nulla, anzi sono i vigliacchi dell’odio social che con un agevolissimo colpo di tasti sono in grado di offendere le vittime a suon di parole, accuse, discriminazioni, razzismo, classismo e tutte le perversioni dei giudizi spiccioli, digitati con tragica abilità e lanciati sul web.
Ad esserne vittime, in principal modo, le persone esposte mediaticamente, quindi, i famigerati vip, i politici, gli influencer, i giornalisti ma anche le persone comuni, solo che la eco dei primi è molto più forte dei secondi.
Strumenti di difesa e di tutela per i reati compiuti sul web non sono tanto efficaci, anzitutto per la difficoltà di identificare gli utenti odiatori, che utilizzano spesso un profilo fake, non risultando facilmente identificabili, ma anche per una mancanza di disciplina uniforme a livello internazionale nel trattare tali tipologie di fattispecie.
Dalle ultime rilevazioni del monitoraggio, denominato “Barometro dell’odio” che è il rapporto con cui ogni anno Amnesty International verifica il livello di discriminazione e di hate speech sulle piattaforme social, analizzando due social media, Facebook e Twitter, per un periodo di 16 settimane, dal 15 giugno al 30 settembre 2020, su due binari: quello relativo ai post e tweet pubblicati su pagine e profili di esponenti del mondo della politica, dei sindacati, dell’informazione, di enti legati al welfare; l’altro riguardante i relativi commenti degli utenti.
Oltre 22 milioni di contenuti scaricati e più di 36 mila valutati: un lavoro imponente che ha evidenziato purtroppo delle tendenze poco rassicuranti, ovvero l’emersione di nuove vulnerabilità e discriminazioni.
Dall’analisi è emerso che: i commenti sono nel 10,5% dei casi offensivi e/o discriminatori e l’1,2% di questi è hate speech (+0,5% rispetto alle scorse edizioni). Si offende di meno, si incita di più all’odio; l’odio online è più radicalizzato quando incrocia i temi legati ai diritti economici, sociali e culturali; i dati aumentano quando questo tipo di contenuti incrocia anche temi come “immigrazione” e “rom”.
Alla luce del nuovo dossier 2021, Amnesty ha lanciato nuovamente un appello alle istituzioni perchè vengano rafforzate le campagne di informazione e sensibilizzazione sui diritti umani, intensificate le forme di alfabetizzazione digitale a partire dalle scuole, con la promozione di un uso responsabile della rete, che porti a condannare in modo tempestivo i discorsi e i messaggi di odio, diffusi impunemente in rete.
Resta il problema concreto che in pochi denunciano, molti preferiscono bypassare il problema ma questo non permette una adeguata consapevolezza e lettura del fenomeno e si rischia di avere nuove vittime e tra i giovanissimi, anche vittime non in grado di sostenere tale odio, con tanti ragazzi che rinunciano alla socialità se non alla vita, con un allarmante aumento dei casi di suicidi provocati proprio dalla solitudine da social, dalla ghettizzazione e isolamento del mondo dei frequentatori del web.
Nonostante i grandi colossi social, tra cui Facebook, Snapchat, Instagram, hanno sottoscritto un protocollo di tutela prevedendo l’immediata estromissione dal social dei leoni da tastiera, di fatto tale tipo di esclusione non elimina in radice il problema ma la sorvola semplicemente in quanto gli haters hanno le abilità e gli accanimenti tali da rivivere sotto nuove fantasiose identità e stesso odio!
Peraltro, proprio il colosso Facebook è nell’occhio del ciclone da settimane per le accuse mosse dai suoi stessi dipendenti sul mancato controllo su contenuti di odio e di razzismo, anzi favorendo certe logiche e garantendo una certa diffusività agli autori.
Di pochi giorni fa, l’aperta denuncia di Elena Santarelli che, da anni, è al centro di una campagna di odio da parte di odiatori seriali per la drammatica storica che ha visto coinvolti lei e il marito, per la malattia del figlio, colpito a soli 9 anni da un tumore al cervello, sconfitto solo nel 2019 dopo due anni di cure chemioterapiche e paure del percorso che si doveva affrontare e del suo esito.
Ebbene, nonostante il trascorrere degli anni e la condivisione commovente della storia da parte della modella, anche per sensibilizzare sul doloroso cammino di cura per i casi di cancro dei bambini, esiste una hater particolare che da anni vessa la Santarelli e la sua famiglia, cambiando ogni 15 giorni il proprio profilo o nickname, e augurandole con insistenza le peggiori cose, tra cui addirittura un ritorno della malattia per il figlio, aggettivandolo in modo orribile.
Insomma, una storia davvero triste. Una donna, pare questo l’identikit dell’odiatrice, pronta ad augurare il peggio che si possa immaginare per vanità, per mera provocazione, per odio spicciolo e gratuito, per puro esibizionismo???
La Santarelli, all’ennesimo messaggio ha deciso di denunciare la vicenda in rete, nonchè alle autorità che non riescono a rinvenire il responsabile dei messaggi di odio, non si trattiene e rammenta il dolore vissuto, desiderando vedere de visu l’odiatrice per portarla in giro in un reparto oncologico di un ospedale pediatrico al fine di comprendere la tragedia che vivono le famiglie e i bambini per una scoperta tanto difficile e per un percorso tanto arduo.
Solo che una persona in grado di scrivere un tale pensiero non penso abbia una sensibilità in grado di farle provare commozione, compenetrazione con l’altrui dolore, empatia e humana pietas.
Ma la Santarelli non è l’unico bersaglio social…moltissime sono le donne prese di mira per la loro vita, le loro idee, il loro corpo, le loro scelte, il loro successo, la loro famiglia.
Episodi di body shaming sono all’ordine del giorno con tante attrici, cantanti e artiste che si sono schierate contro l’odio sul web difendendo la loro diversità, i loro difetti e le piccole grandi imperfezioni.
Vanessa Incontrada, ma anche Michelle Hunzicher, Chiara Ferragni, Arisa, Belen e oltre frontiera, Lady Gaga, Gigi Hadid, Britney Spears, hanno denunciato gli attacchi che hanno ricevuto sui social, e hanno ribadito l’importanza di restare fedeli a se stesse e non cedere agli attacchi di vili odiatori.
Il problema sono i giovanissimi, indifesi, privi di strumenti e di forme di autodifesa sufficienti, spesso vittime della loro stessa autostima che divengono vittime facilissime da adescare e colpire.
I vip, infatti, non sono gli unici ad essere considerati bersagli da colpire.
Gli episodi che riguardano da vicino l’Italia e la sua voglia di ripartenza a suon di green pass sta conoscendo attraverso gli oppositori della cd. dittatura sanitaria e del green pass per tornare ad una vita più o meno normale, attraverso le formule che appaiono le uniche vincenti al momento “vaccinazioni-tamponi”, un vero e proprio dilagare di contestazioni, proteste, ribellioni e sommosse, ispirate al Capitol Hill americano, nascono e sono fomentate in parte proprio da forme di odio e propaganda social che mirano alla delegittimazione del potere democratico e all’apertura di un varco a logiche assolutistiche e demagogiche che hanno caratterizzato una parte drammatica della nostra storia più recente.
E così, nel mirino, colpita nuovamente la Senatrice Liliana Segre, che per la sua storia personale continua a vivere forme di discriminazioni e razzismo, anacronistiche e fuori dal tempo, ma inneggiate sul web da fanatici e nostalgici della dittatura dello scorso secolo che così drammaticamente ha provocato persecuzioni, morti e guerra.
“Chi semina odio, raccoglie tempesta” dice un famoso proverbio.
Purtroppo, ad oggi resta la forza della denuncia e la determinazione di osteggiare qualsivoglia forma di odio ma i leoni da tastiera sono duri a sparire…sarebbe bello poter avere a disposizione (strumenti legali e, non solo), per poterli cancellare un click, molto più potente e determinante del loro.