La Pasqua è trascorsa, ma non senza gli strascichi di polemiche e chiacchiericci che hanno preceduto la settimana santa.
In epoca Covid, si sa che il vaccino è, ormai, divenuto il baluardo di salvezza per uscire dall’incubo di una crisi esistenziale ed economica mai vissuta in modo tanto grave dal secondo conflitto mondiale.
La campagna vaccinale in Italia, purtroppo, stenta a decollare e in molte regioni la percentuale di vaccinati è ancora troppo bassa senza considerare le criticità e anomalie organizzative che hanno interessato alcune specifiche situazioni.
Forte dell’esercito dei suoi followers, Chiara Ferragni è intervenuta a gamba tesa sulla polemica, manifestando un notevole disappunto per la lentezza delle vaccinazioni, riproponendo, nello specifico, l’esperienza a lei vicina, della nonna di Fedez che, seppure ultraottantenne, non era stata ancora contattata dalla Regione Lombardia.
Al divampare delle contestazioni e nel tentativo di fermare il passaparola mediatico, l’asl competente ha contattato la nonna “federiciana”, assicurandosi fosse proprio lei la nonna del rap-star e fissando un appuntamento repentino per la vaccinazione.
Di qui, apriti cielo!
La Ferragni si scatena sul web denunciando un comportamento preferenziale non giustificabile.
La nonna ottantenne sarebbe dovuta essere vaccinata di diritto e non per il privilegio di “presunte conoscenze” e forse meglio dire, per la forza mediatica dei suoi diretti parenti.
La politica lombarda si rammarica per l’accaduto, prova a difendersi ma ogni scusante è un arrampicarsi sugli specchi, non tanto e non solo per la specifica vicenda Ferragnez, quanto per l’intrigata gestione di tutta la campagna vaccinale in Lombardia: terra di efficienza, rispetto delle regole e avanguardia che, però, in questo ultimo anno ha dovuto fare i conti con una realtà ed un’identità molto diversa dall’ideale di un Nord operoso e ligio.
C’è chi della Lega evoca, addirittura, la revoca dell’Ambrogino d’Oro, onorificenza riconosciuta ai Ferragnez non appena un anno fa per aver racconto milioni di euro per la lotta al Covid che nessun ospedale pubblico ha accettato e che sono finiti diritti diritti nelle casse già ben foraggiate del San Raffaele, ospedale ben più saggio e sapiente della lenta, in certi casi, burocrazia.
Qualche giornalista, improvvisandosi terapeuta, in difesa della Lombardia e della politica al suo comando, ha diagnosticato nella Ferragni una indubbia “depressione post partum” perchè le isterie della Chiara, seppur esternate tramite social, sono manifestazioni tipiche di ormoni in subbuglio!
E fa specie che un attacco del genere arrivi, comunque, da una donna, sebbene giornalista, perchè se è vero che le incursioni mediatiche degli influencer sono divenute imbarazzanti e sostitutive del dibattito pubblico, una volta voce di dissenso ovvero approvazione, è assolutamente indubbio che è una logica conseguenza del ruolo che ha assunto la politica e gli intellettuali oggi, registrando un’assenza di protagonismo delle idee e dei programmi, con un ruolo di contorno privo di idealità, che nella speranza di sconfiggere il Covid, ha generato un Governo di unità nazionale, un compromesso matrimoniale imbarazzante tra le forze politiche in nome del Recovery Fund e della salvezza nazionale.
Solo che al momento si assiste ad una fase di insofferenza civile con piazze gremite di gente senza mascherina che protestano per la mancanza di aiuti e sussidi ricevuti in grado di risollevarli dal momento più buio della storia degli ultimi decenni, nel mondo e non solo in Italia.
E’ chiaro che in un quadro tanto complesso, dove la spinta politica è un fantasma trasparente e non ritenuto credibile, le Ferragni e similari coi loro milioni di followers riescono a creare dibattito e a smuovere le coscienze, nel bene o nel male non è dato giudicarlo.
Sta di fatto che quel numeretto del contatore dai numeri inverosimili e cifre da capogiro che nessun partito politico può ad oggi vantare tra i suoi tesserati, dia un senso di onnipotenza e, soprattutto, dia il diritto di parlare, contestare, protestare, ma anche sputare sentenze, accusare e puntare il dito quasi che il sostegno socialmediatico ottenuto renda concreto tale potere e renda legittimo esercitarlo, anche al limite dell’abuso e dell’insolenza, a prescindere se in esito a nove mesi di gestazione o in preda ad una tempesta ormonale!
E così, spuntano in questo marasma le paroline prima sussurrate e, poi, gridate di Aurora Ramazzotti, figlia di due personaggi famosi, a cui deve la sua notorietà, che mostrandosi in foto con mise ginnica, pronta per una corsetta mattutina, polemizza contro il cd. cat calling, termine divenuto ai più particolarmente familiare dopo la sua denuncia.
Di fatto, si tratterebbe della pratica invisa delle molestie per strada, consistenti in attenzioni disgustose e paroline offensive che spesso gli uomini, soprattutto in gruppo, rivolgono alle ragazze, alle donne, mentre passeggiano, corrono, fanno sport, camminano, disinvolte nella loro ordinaria normalità.
Forse la Ramazzotti si aspettava piogge di like e solidarietà, invece, sorprendentemente, molti le hanno dato torto, e tra questi molti, molte donne, riconoscendo che l’adulazione stradale è sempre esistita e spesso è innocua, espressione di quel modo primitivo di essere maschio che si può tollerare come retaggio storico e culturale!
In sua difesa, in poche e tra i famosi, Vittoria Puccini che denuncia episodi simili che le sono capitati da ragazzina.
Il problema si pone tutto nella diffidenza che si attiva quando una persona, famosa, apparentemente più fortunata e privilegiata, che vive una vita ovattata, voglia raccontare elementi di normalità e denigrarli, quasi non ne avesse il diritto, quasi fosse incredibile crederla vittima.
Sicuramente, le attenzioni sgradevoli degli uomini, le battutine, i sorrisini offensivi e le parole denigratorie restano una pratica, seppure antica, spiacevole e fastidiosa, a cui le donne si sono forse infelicemente rassegnate.
L’autorevolezza della voce che parla rende ciò che si dice più vero e più credibile e la Ferragni e la Ramazzotti pagano il fio di essere donne, innanzitutto, e di essere, ciascuna a modo suo, “influenti”, in un significato che si è, purtroppo, svilito con lo scorrere del tempo, denotando chi sei e quanto importante sei in base al numero di seguaci, e il loro pensiero, nel mondo patinato e falso del web, dove tutto può dirsi nascosti dietro la forza segreta di una tastiera invisibile, può essere acclamato e osannato, come osteggiato e denigrato, effetto naturale di tanta popolarità.
Non può non far riflettere il numero elevato di femminicidi che si registrano in Italia che eredita più di 120 assassini atroci di donne nel 2020 e già è ad una conta drammatica da inizio 2021, che testimonia quanto sia difficile far attecchire la cultura dell’indignazione e della ribellione rispetto a certi comportamenti, per quanto consuetudinari e insidiosi, se solo si pensa che il cat calling in Francia e in alcuni stati degli Stati Uniti è, addirittura, punito come reato e da noi gli stalker vivono liberi ai danni della vittima perseguitata che resta senza protezione e senza tutele anche dopo la denuncia alle autorità!.