Tutti siamo stati bambini e tutti abbiamo avuto le nostre paure: mostri sotto il letto, un corridoio buio, qualche racconto impressionante… Ma normalmente non sarebbe previsto che i film d’animazione, che di solito hanno come fruitori i più piccoli, siano fonte di traumi tanto da rimanere nell’immaginario di questi come oggetto di fantasie spaventose! Forse le nuove generazioni non si lasciano impressionare dalle stesse cose che potevano colpire noi, ma questa settimana ho pensato di parlarvi di 5 film d’animazione che secondo me terrorizzerebbero (o che hanno terrorizzato) qualsiasi bambino!
Fantasia
Fantasia è il capolavoro d’animazione della Walt Disney del 1940. La pellicola è formata da una serie di cortometraggi impostati su pezzi di musica classica. Tutti ricordiamo Topolino in “L’apprendista stregone”, i simpatici struzzi e ippopotami ballerini in “La danza delle ore”, le deliziose fatine che svolazzano sulle note de “Lo schiaccianoci”… ma poi arrivano dinosauri morenti e diavoli inquietanti!
Due sono gli episodi di Fantasia che da piccola proprio non riuscivo a guardare: “La sagra della primavera” e “Una notte sul Monte Calvo”!
Nel primo ci vengono mostrati l’origine della Terra sino alla nascita delle creature viventi e poi il regno dei dinosauri sino alla loro estinzione. Nel frammento dedicato ai dinosauri prima assistiamo alla terribile uccisione di uno Stegosauro da parte di un T-rex (impossibile dimenticare l’immagine dell’occhio del povero animale che piano piano perde d’ espressione) e poi al lento perire degli enormi rettili che ogni tanto stramazzano al suolo sfiniti dal caldo e dalla mancanza di cibo e di acqua!
Nel secondo episodio invece lo schema musicale e le immagini animate evocano il sabba delle streghe: ci viene mostrato il malvagio demone Chernabog che richiama gli spiriti maligni e le anime dei morti dalle loro tombe. Gli spiriti danzano finché il suono di una campana non li riporta indietro, mentre la notte fa posto all’alba. E a questo punto della visione “Fantasia” si è trasformato in un vero e proprio film dell’orrore! Quanti di voi hanno avuto incubi a causa dell’enorme diavolo nero che si erge dalla cima del Monte Calvo?
Brisby e il segreto di Nihm
Brisby e il segreto di Nihm è un film del 1982 tratto dal romanzo “Mrs. Frisby and the Rats of NIMH” scritto dall’autore americano Robert C. O’Brien. Il regista della pellicola è Don Bluth, talento ribelle della scuderia Disney che sicuramente ricorderete per altri suoi lavori come “Charlie – Anche i cani vanno in paradiso” e “Anastasia”.
La trama vede protagonista Brisby, una topolina vedova con una prole numerosa che deve combattere contro un trattore che sta arando il terreno in cui vive. Vorrebbe traslocare ma non può perché uno dei suoi figlioletti è gravemente malato. Alla fine, aiutata da un gruppo di topi resi intelligenti in laboratorio, riesce a trasferire altrove la famiglia.
Questo film ha provocato dei traumi infantili a molte persone (me compresa). Elencare tutte le scene spaventose della pellicola equivarrebbe a scriverne la sceneggiatura, ma ricordo con orrore soprattutto la sequenza in cui vengono mostrati gli esperimenti effettuati dal National Institute of Mental Health (NIMH) sulle indifese cavie da laboratorio. Secondo Don Bluth, ai piccoli spettatori il rispetto per gli animali va inculcato a colpi di scene allucinanti ed esplicite, rese ancora più disturbanti dalla musica stridente e drammatica in sottofondo!
Altra sequenza altamente impressionante è quella in cui la signora Brisby si introduce nella tana del Grande Gufo, temutissimo perché si ciba di topi proprio come la nostra protagonista! Il Grande Gufo in questione vive nel tronco di un albero, un tronco buio e pieno di ragnatele, quindi più simile a una caverna. E’ agghiacciante il momento in cui vediamo un grosso ragno nero e peloso raggiungere Brisby alle spalle con l’intento di mangiarla, ma l’orrore aumenta quando il suddetto ragno viene schiacciato dalla zampa del Grande Gufo, che si rivela per la prima volta in tutta la sua inquietante fisionomia.
Per tutto il film il regista crea scene d’azione tesissime, sceglie prospettive espressioniste e colori violenti. Ma oltre all’atmosfera, a colpire così profondamente lo spettatore sono le tematiche del film. Ciò che manca al cinema d’animazione odierno è proprio questo: la volontà di trasmettere un insegnamento vero e importante! Con questa perla del cinema d’animazione Don Bluth vuole dire ai bambini che l’intelligenza è difficile da gestire e porta inevitabilmente sia conseguenze positive sia negative e che il bene e la pace sono possibili, ma raggiungerli costa coraggio, fatica e dolore.
La collina dei conigli
La collina dei conigli è un film d’animazione britannico del 1978 diretto da Martin Rosen, tratto dall’omonimo romanzo di Richard Adams. Comincio subito col dire che la pellicola è stata censurata in molti paesi per la sua violenza.
La trama ricalca quella dell’opera originale in cui seguiamo l’esodo di un gruppo di conigli verso le “grandi colline”, in cui potranno vivere in pace perché la minaccia dell’uomo è lontana; il sentiero verso la libertà però si rivela irto di difficoltà e la foresta sarà la tomba per molti compagni di viaggio.
La bestialità visiva e psicologica del film ha mietuto molte “vittime” fra i piccoli spettatori, che ne sono rimasti traumatizzati. Lo stile del cartone animato infatti è molto adulto e presenta un realismo molto ben definito e strutturato nella rappresentazione del paesaggio e degli animali, ma anche della morte e del sangue, cosa che lo rende davvero dark! L’umanizzazione dei conigli permette di toccare temi quali la brama di potere, l’inganno, la morte e la rinascita, questi ultimi due intrisi di riferimenti e rimandi biblici! L’ambientazione è cupa, l’atmosfera è lugubre, basti pensare al fatto che la figura del “grande coniglio nero”, allegoria della morte, aleggia costantemente sui protagonisti. Per via di alcune scene particolarmente crude e violente il film ha acquisito una reputazione “splatter” della quale non si è mai più liberato. Ne “La collina dei conigli” infatti c’è sangue vero e c’è una sofferenza fin troppo crudele e realistica per un film che si consideri per bambini.
La città incantata
La città incantata è il capolavoro diretto da Hayao Miyazaki. La pellicola ha vinto l’orso d’oro al Festival di Berlino ed è stata premiata come miglior film d’animazione agli Oscar del 2003.
La storia narra le avventure di Chihiro, una bambina di dieci anni che si introduce senza rendersene conto, insieme ai genitori, in una città incantata abitata dagli spiriti. Qui i genitori della bambina vengono trasformati in maiali dalla potente maga Yubaba e la piccola protagonista decide di rimanere nella città per tentare di liberarli.
Il film è incredibilmente bello e toccante! Da molti è considerato il miglior film d’animazione di tutti tempi e a mio parere è impossibile dare torto a chi la pensa così. Il film resta inarrivabile per il modo in cui ha messo insieme il realistico, il fantastico, l’umano e lo spirituale. La variopinta “città incantata” di Miyazaki è popolata da creature maestose e bellissime, buffe o inquietanti, che ricalcano personaggi del folklore e della mitologia giapponese.
La maturità del film, la sua profondità tematica e narrativa fanno sì che la visione sia adatta anche, e soprattutto, ad un pubblico adulto. La storia infatti assume il significato di rito di passaggio e di iniziazione per la piccola protagonista che durante le sue (dis)avventure è costretta, per la prima volta nella sua vita, a fare affidamento solo sulle proprie forze.
Ricordo che mia madre dovette portare fuori dal cinema me e mia sorella, entrambe in lacrime, a soli 10 minuti dall’inizio del film a seguito della visione di una delle scene che io considero fra le più traumatizzanti in un cartone animato: quella in cui Chihiro apprende che i propri genitori si sono trasformati in due grossi e voracissimi maiali. Per quanto la bambina li chiami essi non reagiscono perché non la riconoscono più e continuano soltanto a mangiare, mangiare e ancora mangiare, fino a che non stramazzano per terra! Da quel momento lei è sola… Agghiacciante!
Gli artisti dello Studio Ghibli (la casa di produzione del film) hanno spiegato che la trasformazione riflette come le persone siano diventate dei maiali durante la bolla economica giapponese degli anni Ottanta e che una volta che qualcuno diventa un maiale “gradualmente assume anche il corpo e l’anima del suddetto animale” e questo “non è vero soltanto nel mondo della fantasia.”
Altro momento che potrebbe essere causa di spavento è quello in cui la creatura chiamata senza volto trasforma il suo corpo in enormi fauci che ingurgitano tutto quello che si trova sul suo cammino, seminando intorno a sè panico e terrore. Ancora peggio, finito di tracannare a più non posso, inseguendo la piccola protagonista spande ovunque il suo vomito nero.
Biancaneve e i sette nani
Biancaneve e i sette nani è il primo lungometraggio della Walt Disney ed è datato 1937. Non ha bisogno di presentazioni o di essere spiegato perché è un classico che tutti conosciamo, amiamo e apprezziamo! Ho deciso di inserirlo perché, è risaputo, nessun bambino è rimasto indifferente al personaggio della strega cattiva, che ha popolato gli incubi di molti fra i più piccini. Soprattutto la scena della trasformazione della bellissima Grimilde nella perfida strega, ormai è quasi un secolo che scuote gli animi di tanti ignari pargoletti!