In occasione della presentazione del suo ultimo disco Larmes, presentato il 10 febbraio al conservatorio di Napoli, Fabio D’Onofrio ci apre la porta del suo mondo fatto di musica e strumenti antichi.
Fabio cosa significa per un napoletano oboista, suonare a Vienna?
-E’ molto gratificante, Vienna era il mio sogno da bambino. Apprezzo le virtù dello spirito di conservazione delle orchestre austriache che valorizzano la riconoscibilità del suono grazie all’utilizzo degli strumenti viennesi. La riconoscibilità è un elemento fondamentale che oggi si sta perdendo. Con il lancio del nuovo disco è uscita una mia intervista su di una rivista viennese che tratta esclusivamente di questo strumento, l’oboe. L’articolo inizia così: “Chi lo avrebbe detto che un napoletano avrebbe suonato uno strumento antico viennese a Vienna”.
Quando iniziò la tua passione per questo strumento?
–Questa relazione con l’oboe iniziò con un tradimento al primo strumento scelto, il violoncello, che ancora amo. Mentre studiavo il violoncello, mi sentivo attratto dall’oboe, lo ascoltavo quasi in segreto. Nel 2000, con l’approccio agli strumenti antichi, ho scoperto realmente la mia essenza.-
– Che differenza trovi tra suonare uno strumento moderno ed uno antico?
-Trovo che c’è una grande differenza tra uno strumento moderno e quello antico. Lo strumento antico ti mette a nudo, rivela la tua anima, ti obbliga ad essere e ad esserci. Ti rende libero perchè è come se togliessi il pilota automatico. È’ uno strumento naturale e richiede molta conoscenza, mi ha insegnato ad essere libero. Scelsi di suonare uno strumento antico, scappando dalla musica classica, che chiamo “musica ingessata”, perchè volevo una musica molto più libera, più provocante. Per questo scelsi la musica barocca suonando strumenti antichi. Con uno strumento antico posso suonare un pianto, una disperazione, mentre con uno strumento moderno non posso farlo. Io mi considero più moderno suonando uno strumento antico.-
Quanti dischi hai inciso fino ad oggi?
– Avró inciso circa 26 dischi. Gli ultimi due derivano da una crescita personale, di scoperte e studi. Nel penultimo disco, inciso per l’etichetta Deutsche Harmonia Mundi, in cui ho registrato un brano inedito per oboe di un compositore del 700 napoletano. L’ultimo Larmes, per l’etichetta giapponese Da Vinci, in cui suono uno strumento originale viennese e sono accompagnato da Vincenzo Caruso, registrato a Napoli. L’unico autore italiano del disco è Rossini.-
Perchè Larmes?
– In italiano Larmes significa lacrime. Il tutto nacque perchè gli ultimi due brani si intitolano Una lacrima, uno di questi è di Rossini che scrive quando si distacca dai teatri ed inizia a scrivere solo per il piacere di farlo. Per umanità e non per lucrarsi. Il disco intero nasce in un periodo sofferente della mia vita, per questo consideravo perfetto il titolo. Oggi scopro che era perfetto per quel periodo, mentre oggi vedo le lacrime come una massima espressione dell’individuo, la libertà di esprimere le proprie emozioni. Io piango spesso di gioia.-
Cosa rappresenta per te poter suonare a Napoli?
– Io amo molto questa città, sarebbe bellissimo poter suonare per lei. Purtroppo ad oggi sono molto più richiesto all’estero che in patria. Ripeto, ne sarei felice anche solo per dare la possibilità ai miei cari di potermi ascoltare in diretta.-
So che viaggi tanto, sei sempre all’estero.
-Appunto. Viaggio spesso a Brema, Parigi, Amsterdamm e, naturalmente, a Vienna. Purtroppo nella città più accogliente, che è Napoli, ancora non ho trovato questo spazio.-
Tuo figlio ha ereditato questo talento?
– Mio figlio inizió suonando il pianoforte. Non era molto preso, lo usava più che altro come un passatempo. Poi, come suo padre, inizió a investigare e si innamorò del basso elettrico. Il 27 febbraio ha fatto il suo primo concerto, ha 15 anni. Quello di cui sono orgoglioso è il fatto che lui riesca a distinguere la musica buona da quella…non buona.-
Cosa ti resta addosso alla fine di ogni concerto?
– Voglio raccontarti un aneddoto in particolare. Io ho ricevuto i complimenti da grandi direttori di orchestra e questi fanno parte del mio curriculum. Ma il più sentito, il più emotivo, successe alla fine di un concerto a Savona. Un bambino mi si avvicinó e mi disse :”Lei suona molto bene. Posso abbracciarla?” Naturalmente ci siamo abbracciati. Quando ci salutammo, la madre mi confessò che suo figlio non abbracciava nessuno, nemmeno loro che sono i genitori. Io mi scolsi e piansi.-
Dalle nostre azioni possiamo aprire un mondo agli altri, la musica, poi, è un ottimo veicolo di emozioni.
– Non valuto mai l’importanza di un concerto in base al pubblico. Pensa se ad un concerto di pochissime persone, alla quale si urlerebbe quasi ad un fracasso, se tra quelle persone ci fosse anche solo un bambino che grazie a questo mio concerto, si innamora di uno strumento o della musica stessa. Così come successe a me da bambino, in un paesino di 600 persone.-
Per quelli che come me, non possono assistere al prossimo concerto di Fabio a Brema il 9 marzo, si considerino fortunati lo stesso perchè con “Larmes” basta chiudere gli occhi e sono lì, seduti su una poltrona di velluto rosso, perchè questa è la magia della musica.