Il 16 gennaio è stato arrestato dopo trent’anni di latitanza il pluricercato a livello mondiale Matteo Messina Denaro.
L’arresto è avvenuto in una clinica palermitana dove si curava con chemioterapia per un tumore al colon allo stadio terminale.
Messina Denaro è detenuto nel carcere dell’Aquila in regime di 41 bis, ormai non più latitante.
All’atto dell’arresto, si è definito in modo un pò eufemistico “incensurato”, senza avere avuto nulla a che fare con la giustizia nella sua vita prima di ora, non avendo fatto mai un giorno di carcere pur essendo imputato per diversi terribili omicidi e per le stragi di Capaci.
Insomma, mentre la sua foto segnaletica girava il mondo, lui era lì nel suo feudo, a Campobello di Mazara, a pochi km dalla sua roccaforte Castelvetrano.
Si è spostato da un covo all’altro, ha acquistato un’autovettura intestata ad un prestanome, usufruiva della copertura nominale tramite un concittadino di Campobello che gli aveva prestato la sua identità, usciva ed entrava dalla sua casa di proprietà, prestata a covo, acquistava abiti costosi, possedeva viagra, viveva con un bel gruzzoletto mensile e si era costruito dei piccoli nidi dove vivere e dove i simboli ritrovati sembrano corrispondere all’immagine iconica di alcune serie tv e film di successo degli ultimi anni.
Così nel suo monolocale campeggiava una gigantografia del Padrino con cui si identificava pienamente, nonchè un ritratto di Jocker, antagonista di Batman, supereroe negativo, nella versione interpretata da Joaquin Phoenix.
“C’è sempre una via d’uscita – si legge su un quadretto più piccolo- ma se non la trovi sfonda tutto“.
Ecco la sintesi del suo pensiero.
Un Boss fantasma, di cui si conosce molto poco e forse nemmeno poteva immaginarsi persistesse un potere così insinuato e così lampante, alla luce del giorno, per niente appannato, per niente nascosto, per niente in fuga.
Riconosciuto come autore delle stragi a matrice mafiose, secondo la mentalità ereditata dalla logica stragista di cui era convinto sostenitore il suo padrino, Totò Riina, eppure solo dopo 25 anni dalle stragi è iniziato il processo a suo carico con prossima udienza fissata a breve.
Chissà se anche in quell’occasione, il boss sceglierà il silenzio…non presenziando.
La sua parabola è un paradosso nel paradosso, ha vissuto da cittadino quasi libero, ha probabilmente anche viaggiato molto, ha continuato ad incrementare il suo potere immenso e ora, malgrado il suo arresto, il suo personaggio resta fedelissimo a se stesso come di un uomo duro e risoluto, imperturbabile, fermo sulle proprie scelte senza che trapeli minimante un atteggiamento pentito.
Probabilmente, non parlerà, nè rilascerà informazioni agli inquirenti, prediligendo il silenzio come forma di vita ancora e sempre.
L’operazione che ha portato al suo arresto si chiama Tramonto dal titolo della poesia di una delle vittime delle sue azioni, la bambina Nadia Nencioni, nel 1993 morta per l’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, con tutta la sua famiglia, una vita strappata alla vita, con violenza, con irragionevolezza.
Quando si pensa alla sua storia, non può non venire tragicamente in mente la morte atroce del piccolo Giuseppe Di Matteo, di soli 12 anni, che dopo 779 giorni di sequestro, tenuto in vita per il ricatto rivolto al padre, pentito e collaboratore di giustizia, di ritrattare le sue dichiarazioni è morto strangolato dalla spietatezza della mafia.
L’Italia è un paese strano dove succedono cose insolite…
Un super latitante la cui foto segnaletica, nella ricostruzione facciale realizzata dalla sezione investigativa antimafia, come proiezione, peraltro, con grande similitudine al suo vero volto, era diffusa in tutto il mondo, viveva protetto nelle mura delle sue roccaforti, protetto dall’omertà, dalla paura, dalla connivenza, dalla brutalità dell’esistenza.
Indubbiamente, essere il suo vicino non deve essere stato rassicurante per nessuno anche se non si possono non condividere una per una tutte le parole di Pif che, particolarmente risentito dalle dichiarazioni in un’intervista di un concittadino del boss, che metteva in evidenza il fatto che tutti avessero profittato della sua presenza in paese, e ora si precipitavano a rinnegarlo.
La polemica di Pif rievocava in mente le parole di Falcone per cui “si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere criminali“, la vera piaga di un certo tipo di modo di agire e di esistere che sembra innocuo e invece nuoce moltissimo alla salute del nostro paese e della sua integrità.
Si sono susseguite ad esempio le dichiarazioni della figlia del boss che avrebbe scelto di non vivere col padre…eppure il suo avvocato ha invitato i giornali a non scrivere cose false e che la figlia non solo non ha rinnegato il padre ma non ha nemmeno negato la possibilità di andare a trovare il padre rinchiuso in regime di 41bis.
Le teorie complottistiche non ci vedono nulla di chiaro in questo arresto, avvenuto in diretta, con gli agenti con in mostra il proprio viso, a differenza di altre operazioni antimafia del passato.
Considerate le dichiarazioni fatte in altre trasmissioni tv, mesi addietro, si è annidata l’ipotesi che l’operazione fosse una copertura di altre azioni e decisioni a favore di altri criminali, quasi come una scelta indotta dalla severità dello stato di malattia del boss.
Al di là di una dietrologia spicciola, la storia ci consegnerà la verità dei fatti…al momento resta forte e imperante la notizia che Matteo Messina Denaro con la sua spietatezza e la sua malvagità è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, dopo aver realizzato o contribuito a realizzare alcuni degli assassini più violenti ed efferati nella storia della nostra Repubblica.
Non saprei se parlare di un grande successo per lo Stato per averlo dietro le sbarre finalmente o di un grave insuccesso, avendo aspettato trent’anni per prenderlo pur avendolo praticamente sott’occhio, dietro l’angolo e alla luce del sole splendido della Sicilia.
Quale che sia la verità dei fatti che ci consegnerà la storia, resta ineludibile la sua cattura che segna la sua sconfitta di fronte allo Stato, la sua resa, e a tutto tondo, la sconfitta della mafia, che incarna in pieno con la sua storia e le sue azioni, il ricordo delle sue vittime, rivendicate dal suo arresto, e forse, forse, questa volta, malgrado il suo potere, la sua potenza, la sua presenza intimorente, il terrore che incuteva il suo personaggio, non gli è riuscito di sfondare tutto!
E ha perso.