È passato un anno dalle Universiadi di Napoli, una manifestazione che ha visto la città di Napoli in primis e tutta la Campania, coinvolta nella gioia e nello stordimento di una grande festa dello sport con l’arrivo della fiaccola olimpica a Piazza Plebiscito, portata in giro in trionfo per le strade della città.
In questi giorni ricorre l’anniversario della cerimonia di avvio delle Universiadi: era il 3 luglio 2019 quando lo Stadio San Paolo con un “tutto esaurito” si accese di luci e colori, di musica e fuochi di artificio, mostrando agli occhi del mondo il volto di una Napoli meravigliosa ed emozionante con una scenografia suggestiva delle bellezze di Partenope e del Vesuvio esplosa in una eruzione multicolore nella cerimonia di chiusura del 14 luglio.
I numeri della partecipazione sono stati da capogiro: sia in termini di risorse umane con migliaia di atleti, migliaia di giovani volontari che hanno partecipato anche alle coreografie, migliaia di organizzatori (che hanno partecipato attivamente chi più chi meno per la riuscita di quello che si è rivelato, forse anche inaspettatamente, visti i tempi ridotti di organizzazione, a tutti gli effetti davvero un grande evento) sia in termini di investimenti con 270 milioni di euro in gran parte destinati alla riqualificazione di ben 60 impianti sportivi su scala regionale di cui 43 nel capoluogo partenopeo, ancora oggi in ottimo stato seppure la Covid-19 (e non il Covid-19, come ha precisato il neo-riconfermato Presidente dell’Accademia della Crusca, perché trattandosi di malattia, va declinato al femminile e non al maschile com’è accaduto durante tutto l’arco della pandemia) non ha permesso di viverli appieno in questo anno, sia in termini di successi sportivi con ben 44 medaglie vinte dall’Italia (sesta nella classifica generale) e, indubbiamente, un ingente guadagno per l’indotto turistico generatosi.
Un bel successo per l’Italia tutta e una bella immagine di una delle capitali del Sud, Napoli, che per 15 giorni è stata scenario mondiale dello sport con la sua cultura, la sua estrosita’, la sua originalità, le sue specialità culinarie, la sua allegria e la sua “grande bellezza”.
Oggi tutto questo appare surreale e lontanissimo anni luce.
Siamo piombati da mesi in un mondo silenzioso dove lo sport sta provando a riemergere lentamente, dove la musica con gli eventi live si è fermata o, forse meglio dire, paralizzata dalla impossibilita di conciliare l’idea vietata dell’assembramento con quella liberatoria di “concerto dal vivo” (di questi giorni la notizia di una petizione per far ripartire la musica sottoscritta da 1500 artisti britannici, primo fra tutti Paul Mc Cartney e per stare a casa nostra qualche settimana fa diversi artisti italiani si sono ritrovati a Piazza Duomo a Milano vestiti di nero per manifestare contro il fermo generale degli spettacoli e sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di stabilire interventi a sostegno del mondo della cultura, dello spettacolo, dell’arte soprattutto per gli innumerevoli invisibili dei dietro le quinte).
Siamo piombati in un mondo dove le più semplici comuni regole della vita ordinaria si sono ribaltate, rivoluzionate, modificate, improvvisamente non valgono più, divenendo straordinarie e fuori dalla nostra portata, basti pensare alla semplicità di un abbraccio o di un bacio per salutarsi, ad una stretta di mano nell’ incontrarsi, ad una chiacchierata oscurata dalle mascherine multi fantasy, ad una percepibile paura dell’altro e per l’altro, al palpabile disagio che si vive stando in mezzo alla gente o in spiaggia o in fila al supermercato o in attesa ad un anonimo centro commerciale, alla mancata possibilità di assistere ad una partita, di cantare a squarciagola ad un concerto, di gridare di gioia e ballare sfrenati e sudati e “azzeccati” ad un party a bordo piscina o in discoteca, l’assenza della sensazione di libertà immensa nel prendere un volo transoceanico e trovarsi immersi nel mare indescrivibile della Polinesia!
E se pensiamo agli adolescenti, ai giovani che con le Universiadi si sono sentiti parte del mondo, entrando a contatto con l’universo degli atleti provenienti da tutti i paesi del globo, e che, partecipando da protagonisti come volontari ed elementi delle coreografie, hanno vissuto da vicino come attori principali di un grande palcoscenico l”unione, la coesione, la vicinanza, lo scambio culturale, la fratellanza tra popoli che hanno reso speciale e unica l’esperienza Universiadi e che oggi, purtroppo, sono tra coloro che più scontano le norme antivirus e che risultano, neanche tanto velatamente, i più provati dalle misure di distanziamento fisico determinato dall’avvento della pandemia nelle loro vite, ci rendiamo conto di essere piombati improvvisamente in un altro mondo…surreale e faticoso per ogni forma di contatto umano e relazionale.
Il virus ha rubato nel profondo…ha portato via vite…ha congelato l’esistenza…ha strappato l’emozione di un incontro…ma soprattutto ci ha rubato la libertà di gioire, sentire, vedere, frequentare, conoscere, toccare perché viviamo con il timore perenne che sia tra noi, minaccioso nel suo silenzio e spaventoso nel suo attacco.